Scarabocchi inconsci. Quando la mano racconta ciò che la mente tace.

C’è chi pensa che gli scarabocchi siano solo passatempi da telefonata o riempitivi ai margini dell’agenda. In realtà, quelle linee apparentemente casuali sono dei riflessi sinceri del nostro mondo interno. Sono minuscole finestre che si aprono quando la razionalità allenta la presa e l’inconscio approfitta per dire la sua, senza alcun filtro.

Nel mio libro “Occhio allo scarabocchio” racconto come questi tracciati spontanei siano tutt’altro che banali. Hanno infatti una grammatica sottile e irregolare, ma coerente con il nostro essere e le nostre emozioni. Parlano di tensioni, desideri, emozioni, strategie inconsapevoli. E soprattutto rivelano ciò che non avremmo mai pensato di raccontare a voce alta, per educazione o per pudore.

Perché proprio lo scarabocchio svela così tanto

Quando scriviamo, la mente è attiva e vigile, pronta ad ascoltare e immagazzinare. Quando scarabocchiamo, vi è uno spazio in cui emergono pulsioni primitive, schemi di movimento non censurati e simboli che attingono da un archivio profondo. La mano diventa un microfono puntato sull’inconscio.

Per esempio:

  • Le forme chiuse, ricorsive, raccolte indicano un bisogno di protezione o di contenimento interiore.
  • Le forme appuntite mostrano spesso atteggiamenti difensivi o tensioni trattenute.
  • Le costruzioni geometriche rivelano un bisogno di controllo e ordine anche quando la mente vorrebbe mollare il colpo.
  • I tracciati fluidi e continui raccontano una buona integrazione emotiva, o almeno una ricerca in quella direzione.

Non si tratta mai di interpretazioni isolate, ma è il sistema complessivo degli scarabocchi a raccontare lo stato interno della persona.

La mano mente meno della bocca

Uno dei motivi per cui trovo affascinante lo studio dello scarabocchio è la sua impossibilità di essere manipolato. Nessuno progetta consapevolmente di disegnare un tracciato che esprima un’emozione particolare. Lo scarabocchio non nasce per comunicare, nasce per liberare e lo fa in modo schietto e immediato.

Eppure, comunica benissimo, se si sa ascoltare e interpretare. Un po’ come i lapsus, sono scomodi, incontrollati, ma decisamente illuminanti.

Un esempio concreto

Ricordo una persona che, durante ogni riunione, senza accorgersene, riempiva i margini con minuscole scale. Sempre uguali. Sempre in salita. Non era un caso. Era un periodo in cui cercava di migliorare la propria posizione professionale senza avere ancora il coraggio di dirlo apertamente. La mano lo aveva anticipato di settimane.

Perché parlarne oggi

In un mondo saturo di parole, lo scarabocchio è un linguaggio che non chiede permesso. E proprio per questo vale la pena ascoltarlo. È uno strumento semplice e potentissimo per avvicinarsi al proprio inconscio, senza timore e senza interpretazioni mistiche. Solo osservazione, esperienza, metodo.

Nel mio lavoro lo vedo ogni giorno. Non serve essere artisti per scarabocchiare. Serve essere vivi e ogni tratto spontanei, anche il più strano scarabocchio ha un senso preciso nel percorso di chi lo produce.

Se vuoi approfondire

Nel mio libro “Occhio allo scarabocchio” ho raccolto alcuni esempi e una guida pratica per leggere gli scarabocchi con occhi nuovi, osservandoli come strumenti psicografici utili per capire sé stessi e gli altri.